venerdì 3 marzo 2017

Death and all our friends

Ti renderò la strada meno incerta
Ragguaglierò i cantastorie dei tuoi incontrastati inciampi
Misurerò l'incanto dei tuoi passi trascinati nella polvere
Supererò la meraviglia che mi imprigiona dietro le mura dell'infamia.



Certe notizie non vorresti mai sentirle, e sarà che marzo è sempre stato fautore di sconvolgimenti emotivi clamorosi ma proprio non riesco a sopportarlo. Marzo preclude la concreta possibilità di riscattarsi, anzi continua a svalangarmi addosso pessime notizie. Perché non pensi mai che sia possibile e poi, tutto ad un tratto devi fare i conti, di nuovo, con la perdita. E fa male, incredibilmente, ogni volta. E quando ti arrivano le disgrazie inizi a pensare a quanto sia breve la nostra esistenza, a quanto, inevitabilmente la fine possa arrivare all’improvviso, senza fanfare e annunci. E non te ne capaciti, resti incredibilmente attaccato alla possibilità che sia tutto uno scherzo. L’altra notte è venuto a mancare (che brutta espressione, incapace di coinvolgere, di descrivere appieno l’evento terribile che si abbatte su una famiglia, una comunità, un gruppo), un amico carissimo, uno di quelli con cui condividi tanto. Un pezzo del mio paese, una di quelle figure mitiche che non puoi dimenticare che rimane indissolubilmente attaccata a innumerevoli ricordi, tantissime estati, chiamate d’emergenza e aiuto incondizionata. Un uomo buono, l’incarnazione del sacrificio e del lavoro, l’immagine sempre riconoscibile di una fedeltà incrollabile. I gesti, che si ripetevano lenti, una professionalità straordinaria, un talento straordinario. La morte in fondo fa parte della vita, ma quando arriva così all’improvviso, ti distrugge, ti annienta, ti scaraventa nel panico. Eppure l’incedere lento del tempo sana, ogni ferita, anche quando ti stritola il cuore, e ti toglie pace e ti annienta il cuore. Perché nonostante faccia parte della vita, non si riesce mai ad accettarla. 




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