lunedì 27 giugno 2016

Gli occhi fissi all’orizzonte, in attesa

Credere di non poter commettere passi falsi, perdersi nella quotidianità di azioni ripetute, gesti che si ripercuotono sempre uguali a se stessi nel mondo che si aggiusta al dominio che cambia. La paura genera paura, insieme a quella incertezza ripetuta e mai corretta della mia quotidianità intransigente.
Attesa ancora di notizie, informazioni, generale senso di vuoto che si trascina inaffidabile ancora e sempre. Sono stanca di aspettare, vorrei agire di fronte allo spazio che si ristringe intorno al mio corpo scosso dalla spossatezza. Eppure è vero che ci si abitua a tutto, anche all’instabilità di punti di riferimento che si affossano. Si accascia anche il senso di perdita che si trascina nel baratro. La paura mangia il colosso che campeggia nel mio campo visivo, in quella consapevolezza da fin de siecle che cerca di conservare lo status quo e che invece ha perso e sta per cadere.
Sai quella sensazione di ansia che precede lo scoppio della tempesta, che puoi assaporare con la certezza che stia per arrivare qualcosa di terribile e ci provi a cacciarlo indietro, ci provi a respingere quella sensazione ma non te ne liberi, ti consuma le ossa fino a lasciare polvere. E quando davvero scoppia la tempesta, sei troppo debole per metterti in salvo, troppo consumato per salvarti. E finisci per perdere anche più di quello che avresti perso altrimenti.
Il tempo si ferma improvvisamente, gestito da un’entità che sfugge al controllo di ogni sensazionale momento che mi perseguita, genera solo un eco nella memoria. C’è una via di uscita. Spero che ci sia il modo per sfuggire a quella sensazione di perdita che sembra soffocare il cuore e il respiro. Sembra quasi di perdere i sensi, sembra quasi di non avere sufficiente capacità di sfuggire. Il respiro mozzato e attendo. Attendo.




mercoledì 22 giugno 2016

Il fastidio di un vuoto palpitante che fagocita

È incredibile come tu cerchi in tutti i modi di liberarti dai gioghi, eppure ti ritrovi invischiato in situazioni al limite, in situazioni totalmente strette, da essere opprimenti 24 ore su 24, senza via di uscita, senza possibilità di scappare, perché la situazione fa comodo, perché è quasi meglio così in una situazione incerta e senza scampo. Attendo ancora perché al momento è l’unica cosa da fare e attendere risposte, notizie, consigli, possibilità. Non c’è via di uscita. Odio attendere. Ma è un passo necessario in questo momento.
È l’idea di essere intrappolati in una situazione senza via di uscita che ci sconvolge, perché è quel senso di impotenza continua che ci impedisce di andare avanti.
Penso di non avere la capacità di discernere i dati utili da quelli inutili, rischio di spiegare le stesse cose ogni volta che mi ritrovo con una persona nuova. Sono in perdita, come sempre, con la convinzione di non essere arrivata da nessuna parte.
Il tempo che si consuma a valle delle mie emozioni si frange di fronte all’impossibilità di non capire il senso dell’inevitabile. È difficile sfuggire alle precipitose distanze che si dispiegano di fronte a me. Cadono frettolose con la stessa inconsistenza delle stelle cadenti. Precipitare nel vuoto lascia completamente inermi, lascia sull’orlo del baratro senza paracadute.
Eppure prima o poi le cose devono cambiare, devono migliorare, devono evolvere, approssimarsi verso la fine di una nuova costellazione non ancora analizzata, che sembra perdurare ai confini del tempo. Muore ai piedi della speranza, si frange ai confini della nostra perdita, con le lacrime che scorrono a fiumi, scorrono copiose e inarrestabili.


Cadere, perdere, desinbilizzarsi,
arti spezzati e mal digeriti
generale fastidio, colpito dall’impatto
urti molleggianti e generale inconcludenza
schiacciante perdita di coscienza
il fastidio di un vuoto palpitante che fagocita.





sabato 4 giugno 2016

Waiting for… like a fool

Se già ci apparteniamo poi dopo che succede
vorrei scavarti l'anima raccontarti che si vede
non voglio dalla vita una storia qualunque...



È il brivido che fa la differenza, quell’attimo sospeso di desiderio di quando si sta per muovere un passo verso il cedimento e la paura rarefatta che ti attanaglia le viscere. Sono giorni di attesa questi, vincolati alla paturnia di una scostanza ignobile. Quando ci rivedremo, quando ti rivedrò di nuovo, quando ti fisserò negli occhi che cosa ti dirò? Avrò il coraggio di confessarti quello che mi passa per la testa, che la voglia di accompagnarmi a te è forte, che vorrei abbattere la barriera della mia timidezza e delle mie insicurezze croniche per raggiungerti dall’altra parte del muro di vetro che mi blocca i passi e i battiti? Perché ho paura come sempre di affrontare la realtà. È più facile nascondermi dietro i pensieri stagnanti. E cosa che più mi sconvolge è il fatto che millanto di essere una di quelle ragazze aperte, che non si ritroverà mai persa in una situazione stagnante, che piuttosto si lancia. E poi invece mi ritrovo a fissare il telefono aspettando una prima mossa che probabilmente non arriverà. Perché d’altronde  non stiamo entrambi aspettando un incoraggiamento dall’altro? Non mi sono trincerata anche io in un flirting che non porta da nessuna parte? I nostri battibecchi in fondo non servono a nascondere l’imbarazzo? E quindi resto ancora qui, ferma, in attesa. Come una sciocca.