mercoledì 4 novembre 2020

If you gain some, you lose some

Ci credi che è volato un altro anno e quasi non riesco a percepirne appieno le conseguenze? Ma ci rendiamo conto che è quasi un anno in cui lavoro senza la sua ombra malvagia e non riesco a capacitarmene e a riconciliare la mia immagine attuale con quella dello scorso anno? Vero, non riesco a farlo a prescindere, con quello che sta succedendo in questo 2020 che davvero ci ha portato via tanto, tantissimo, ma personalmente mi ha dato tanto, tantissimo. Dovevo scontarla in qualche modo la libertà, pagando con altra moneta di scambio. “If you gain some, you lose some” perché ci deve essere sempre un equilibrio nelle forze cosmiche. Ma non riesco a fare i conti con la disperazione che mi aveva assalito lo scorso anno al rientro dalle mie ferie in cui emotivamente ero a pezzi con la voglia di buttare tutto per aria, un lavoro che mi stava portando via pezzi di lucidità e salute. Eppure alla fine sono ancora nello stesso punto a macinare le stesse incomprensibili spiegazioni al perché posso resistere ancora un po’ mentre cerco di meglio. Non so cosa mi abbia spinto a non demordere, una buona dose di caparbietà, la consapevolezza che senza uno stipendio non posso vivere da sola, e che a Torino in fondo ci sto bene. Non so quest’anno mi ha presentato una diversa prospettiva su me stessa e sul mondo, mi ha regalato nuove ansie e frustrazioni, tanti abbracci che non avrei mai pensato di dare, innumerevoli notti e insonni e nuovi modi per combattere la noia. Ma allo stesso tempo, in questo momento, vorrei poter fare una valigia e andarmene. Dove non lo so, che stiamo messi tutti nello stesso modo, con la sensazione di non uscirne mai più e l’inevitabile senso di isolamento che imperversa imprescindibile nelle nostre vite. E allora sono ancora intrappolata tra le mura del mio monolocale con il disegno di Kim Seokjin che mi fissa negli occhi con il suo intramontabile fascino. 





lunedì 27 aprile 2020

La sindrome dell’arto fantasma

Per caso ho sentito la tua voce, in un momento in cui pensavo che non l’avrei mai più ascoltata, in un momento in cui immaginavo che non avrei mai più sentito parlare di te. Non basta continuare ad avere il tuo nome in timeline con i tuoi memini da boomer, non basta scorrerti nelle notifiche degli altri, che tanto non serve a niente bloccare sui social network se non blocchi anche gli amici degli amici degli amici. C’è sempre il fianco lasciato scoperto per lo stalking. È come una ricaduta di influenza dopo che ti sembra di aver passato la fase acuta della malattia, un peggioramento improvviso che ti blocca i muscoli e ti cristallizza la mente. La sindrome dell’arto fantasma che si ripropone a intervalli regolari, quando ormai ti sembra di essere guarito del tutto, con tutte le ferite rimarginate, arriva il dolore, una fitta insostenibile che ti fa accasciare a terra e ti consuma gli organi di senso. Non è mai finita, anche quando lo sembra definitivamente. Chiudi i portoni e le finestre e poi ti dimentichi delle crepe sottilissime che si formano vicino agli infissi e gli spifferi entrano lo stesso, il freddo cristallizza i ricordi. 
È la noia, questa fase di stallo da quarantena perpetua, che mi fa stare con me, me medesima e me stessa, a rimuginare, ancora e ancora sulle stesse cose, sugli stessi atti ripetuti, in una routine fatta di incertezza e paure. Vorrei solo scappare dalla stasi, da questo momento in cui sembrano tutti far qualcosa di buono con la propria vita e a me sembra di sprecare tempo, di non star combinando niente, di essere ancora ferma a mesi fa, ancora prigioniera di me stessa. Vorrei scappare, davvero lo vorrei, ma al momento posso solo tirare grossi respiri e pensare a sopravvivere. Ci saranno tempi migliori. La pioggia smetterà di abbattersi sull’asfalto, uscirà di nuovo il sole. 




venerdì 20 marzo 2020

Prometeo

Immobile come Prometeo
nel contatto con il fuoco salvifico
cosciente di quella inevitabile
occorrenza, appostata per un agguato
moltiplica il cieco terrore
perpetra la fine della storia
lamenta immani perdite
elargisce punizioni esemplari 
taglia la testa, senza ripensamenti
annichilito dalla furia
sancita dallo scoppio della passione
essenza della notte appena trascorsa
nega persino quel profumo
zavorra di ricordi gravosi
alimenta la feroce pena
tenera carne penetrata e incompresa
esala l'ultimo indegno sospiro.