Respirare diventa sempre
più difficile. Camminare implica la contrazione di troppi muscoli che spesso e
volentieri si sono atrofizzati per il troppo rimanere immobili. Gesti che
sembravano comuni e facilmente replicabili si scontrano contro una quotidianità
pericolosa e intransigente che consuma pagine grigie e commozioni violente,
scoppi di grida e torrenti di lacrime.
Cede sempre un nuovo
passo all’orizzonte che resta immobile e irraggiungibile condensato in una
linea rosso sangue, un taglio netto e doloroso che continua a bruciare quando
toccato. Niente è come sembra, solo attimi infuocati che si consumano spietati
nell’ora che tramonta instabile. Gente insaziabile che gira per le strade
immonde e bugie luccicanti di vergogna tra vecchi edifici pericolanti. Crollare, bruciare, essere irraggiungibili
come dentro un alito incartapecorito dal disuso, quando il vento sembra
dimenticare tutto.
Gente che tracima gli
argini costruiti con precisione maniacale intorno al cuore, fragile muscolo che
si può spezzare con una facilità disarmante anche più di una volta nell’arco
dell’esistenza umana. Un pugno che gli si stringe attorno e lo distrugge con
una precisione da chirurgo.
A volte così la
solitudine diventa l’unica compagna possibile per proteggersi da pensieri
inconcludenti e scintille crudeli. Spazi troppo vasti per essere contenuti
dietro mattoni di cera, si aprono dietro cavalli che non si fermano e volute di
fumo simmetriche. Generano rancori e ire irrichieste, schiamazzi di vita in un
limbo di aberrazioni insorte dietro esseri divergenti, che si allontano dalla
massa spietata di bugie già raccontate ma riproposte con una nuova maschera e
il vestito della festa. Serie osservazioni con un paio di forbici che segano la
notte fluida e incolore.
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