Sapevo che non sarei
riuscita a cambiare le carte in tavola, perché in fondo è così che va, sono a
fissare questo scorrere muto di fronte all’infinito e invece ho perso di nuovo,
ho perso la motivazione che mi serviva per continuare a credere in questa cosa,
questa scintilla che forse mi sono solo immaginata. Come a dire di aver perso
di fronte ai frammenti sconnessi della mia immaginazione.
E allora devo trovare
soddisfazione altrove, da altre parti, da altri contesti. Dal lavoro, pensando
che la mia forza di volontà è davvero
una spinta potente. E dovrei davvero smetterla di dubitare delle mie capacità, che non è vero che sono un
fallimento totale, che non è vero che sono un’incapace. Eppure quel senso
implacabile di orrore e sfiducia continua a colpirmi, continua a mietere
vittime nella mia mente desolata. Sono io che perdo, eppure sono io che cedo le
armi. E in realtà ho avuto l’ennesima dimostrazione che non faccio così schifo.
Il mio supervisor in realtà me lo ripete dall’inizio di questo tirocinio, ma io
continuo a dirmi che no, non è vero, eppure lui mi da una fiducia sconfinata,
eppure lui è uno di quelli che crede in me. Ne è la prova l’ennesima
presentazione davanti ai colleghi esperti della nostra azienda e i nostri capi.
I complimenti quel “ottimo lavoro!”, “la presentazione era ottima”,
“bravissima” che mi ha regalato prima, durante e dopo, mi hanno dato quella
consapevolezza di non essere proprio un’incapace. I feedback sempre positivi,
la felicità di non rimpiangere nulla. Io ci sono,
posso farcela, anche quando tutto sembra perduto. La mia tigna, la mia
volontà ferrea di non essere un peso e di non deludere nessuno, quella
propensione a non essere da meno e di non fregarmene del gruppo e di non stare
con le mani in mano mi aiuteranno sempre, spero.
Anche se sono sempre
bersagliata dai dubbi, dalla facoltà di mettere in discussione tutto,
soprattutto me stessa e i miei risultati, quelli che dovrebbero fare la
differenza.
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