Sto pensando a quanto sia cambiata la mia vita nell’arco di pochi mesi, di
come inevitabilmente mi sia dovuta adattare alla nuova situazione senza colpo
ferire, perché in fondo la vita è così, una girandola di eventi da gestire come
ti arrivano addosso. Eppure è tutto così sospeso. Fare piani a lungo termine è
impossibile, è come cercare di trattenere l’acqua tra le mani per berla, alla
bocca arriva giusto una goccia di tutta quella che vorresti tracannare.
Alti e bassi, gesti che si ripercuotono e altri che sfuggono e io mi
ritrovo in mezzo, sospinta in più direzioni, a cercare di tirare le fila in
mezzo ai lupi, che ululano maligni e incandescenti, spietati e certi, in mezzo
ai flutti della tempesta. Da un lato la vita lavorativa è ricca e piena, dall’altro
la solitudine mi attanaglia il cuore, spaventandomi con i suoi artigli affilati.
Fa paura questa attesa incresciosa, è pericolosa per la mia salute mentale
questo essere sempre a metà tra un posto ed un altro. Come fai ad accettare un
cammino segnato dall’incertezza? Ti adatti, ci si abitua. Ci si abitua a tutto,
anche al dolore sordo che batte contro le costole tutto il giorno.
La vita è questo una continua tensione verso il meglio che si spegne a
contatto con il freddo gelido della realtà che schiaffeggia. Eppure sono in una
città bella e ricca di arte e storia, mi sono allontanata dalle mie adorate
colline tiepide nella campagna marchigiana, cristallizzate dalla mentalità
della piccola gente, incantevoli nella loro maestosità dismessa. Fremo con la
mia attività di consulente in cui sono stata catapultata. Eppure non sono
tranquilla, le lacrime punzecchiano. E si tende, tende, tende, tende per non
precipitare.
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