La vita che consuma le ossa, genera istanti sospesi in mezzo alla tempesta, dimenticati dalle incongruenze che seminano dubbi. Generare l’empasse è un atto inconsapevole, ingestito nel mondo che sfinisce le più recondite possibilità, cede sotto i colpi della malasorte.
Certe sere che arriva quel debilitante senso di nostalgia, quel pesante e ignobile vuoto a perdere, quella agghiacciante sensazione di nulla cosmico. L’insostenibile perdita di realtà virtuali che abbracciano la nostra stessa intensità. Perdo tutte le distanze, perdo il contatto con la realtà, dimentico l’inevitabile.
Sto fissa in un punto, immobile, quanto incerta, debole quanto stanca, inafferrabile quanto esacerbata. Cerco conferme che non arrivano, abbracci che esistono solo nei miei sogni, desideri inespressi nella convoluzione della mia esistenza. Cerco energie perse, consumate nel vano tentativo di catturare desideri saltellanti. Cerco inevitabilmente altre vie di uscita, gesti che hanno altri significati, altre vite, altre esistenze. Pretendo attenzioni che non riceverò mai.
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