Annuncio la dipartita con gioiosi trilli di campane Nevica sulle colline di illuminata speranza Nega la coscienza che risuona senza sosta, Annegata nella irriverente risata di chi si perde nelle tortuose vicissitudini Chiare risuonano le note del violoncello lasciato nell'ombra Ha perso le schegge di intrepido valore Inerpica sul versante verdeggiante e sbiadito di parole tormentate Acerbe come il frutto generato dall'odio di mille atti impuri Ripugnante come le coltri abbandonate dopo gesti affrettati Affranta dimentica anche le ultime tremule lacrime che solcano il patio.
Ragguaglierò i cantastorie dei tuoi incontrastati inciampi
Misurerò l'incanto dei tuoi passi trascinati nella polvere
Supererò la meraviglia che mi imprigiona dietro le mura dell'infamia.
Certe notizie non vorresti mai sentirle, e sarà che marzo è sempre stato fautore di sconvolgimenti emotivi clamorosi ma proprio non riesco a sopportarlo. Marzo preclude la concreta possibilità di riscattarsi, anzi continua a svalangarmi addosso pessime notizie. Perché non pensi mai che sia possibile e poi, tutto ad un tratto devi fare i conti, di nuovo, con la perdita. E fa male, incredibilmente, ogni volta. E quando ti arrivano le disgrazie inizi a pensare a quanto sia breve la nostra esistenza, a quanto, inevitabilmente la fine possa arrivare all’improvviso, senza fanfare e annunci. E non te ne capaciti, resti incredibilmente attaccato alla possibilità che sia tutto uno scherzo. L’altra notte è venuto a mancare (che brutta espressione, incapace di coinvolgere, di descrivere appieno l’evento terribile che si abbatte su una famiglia, una comunità, un gruppo), un amico carissimo, uno di quelli con cui condividi tanto. Un pezzo del mio paese, una di quelle figure mitiche che non puoi dimenticare che rimane indissolubilmente attaccata a innumerevoli ricordi, tantissime estati, chiamate d’emergenza e aiuto incondizionata. Un uomo buono, l’incarnazione del sacrificio e del lavoro, l’immagine sempre riconoscibile di una fedeltà incrollabile. I gesti, che si ripetevano lenti, una professionalità straordinaria, un talento straordinario. La morte in fondo fa parte della vita, ma quando arriva così all’improvviso, ti distrugge, ti annienta, ti scaraventa nel panico. Eppure l’incedere lento del tempo sana, ogni ferita, anche quando ti stritola il cuore, e ti toglie pace e ti annienta il cuore. Perché nonostante faccia parte della vita, non si riesce mai ad accettarla.